Cappella di S. Francesco (Villa Zileri)

La lunetta con gli stemmi famigliari (Foto tratta dal libro “All’ombra dell’olmo”)

E’ dedicata a S. Francesco. Venne eretta da Isabella Pojana, moglie del conte Fabrizio Loschi. Ne fa testimonianza il testamento del 20 dicembre 1616 di Fausta Barbaran, vedova di Giulio Pojana e madre di Isabella, col quale lega a questa Chiesa un livello di trenta ducati annui, affinché fosse eletto un Sacerdote per la Messa quotidiana in suffragio delle anime dei defunti. Il conte Fabrizio Loschi, l’anno dopo, con suo testamento dell’11 maggio faceva un nuovo assegno annuo di altri trenta ducati per la Messa quotidiana che vi si doveva celebrare. E’ il conte Lelio, figlio del conte Fabrizio, con testamento 4 ottobre dello stesso anno 1617, disponeva che nella stessa chiesetta si dovessero far celebrare due messe private e una messa cantata nelle due festività di S. Francesco d’Assisi e di S. Carlo, e così pure il 12 maggio e il 3 febbraio in commemorazione dei poveri trapassati.

Papa Alessandro VII il 15 agosto 1662 concedeva indulgenza plenaria a chiunque confessato e comunicato visitasse la chiesa il giorno 4 ottobre, sacro al glorioso Patrono S. Francesco di Assisi.

 

Il 26 aprile 1677, Mons. Giuseppe Civran, Vescovo di Vicenza, permetteva al conte Francesco Loschi e ai fratelli suoi di aprire una porticina e due finestre interne affinché la famiglia Loschi e la sua corte potesse udire la S. Messa, e ciò per l’autorizzazione avuta il 6 aprile dalla Sacra Congregazione dei Vescovi e dei Regolari.

Nella visita pastorale fatta a questa chiesa il 13 novembre 1743 dal Vescovo Antonio Marino Priuli si ricorda come essa era ufficiata da un cappellano con mansioneria di una messa quotidiana e l’obbligo dell’insegnamento della dottrina cristiana mercé l’assenso del Rettore di Monteviale. Però, qualche anno più tardi, atteso il rincaro dei viveri e il ristretto assegno di ducati settanta per la messa quotidiana, il conte Alfonso di Nicolò Loschi il 30 marzo 1775 chiedeva al Vescovo Corner un qualche provvedimento, e il Corner riduceva benignamente l’obbligo della messa giornaliera a cinque in settimana. Oggi [1914] la messa è quotidiana e il mansionario, che ha annessa alla villa la propria residenza, deve nei giorni festivi celebrare le sacre funzioni e fare catechismo.

Pio X, con sui Rescritto 10 luglio 1909, concedeva ai conti Zileri Dal Verme il permesso di tenere il Santissimo in questa loro cappella, e concedeva ancora il permesso di celebrarvi la santa messa nella notte di Natale.

Dell’antica chiesetta oggi nulla, o ben poco, rimane. [ Fu in gran parte abbattuta nel 1855] Essa venne elegantemente rifabbricata nello stile gotico dalla contessa Drusilla Dal Verme, vedova del conte Luigi Loschi, su disegno dell’architetto Antonio Caregaro Negrin, concludendo i lavori nel 1858. Vi si accede dalla pubblica via, dalla loggia e da due ingressi del piano nobile, dei quali il primo mette direttamente in chiesa, l’altro in tribuna.

“Il Caregaro Negrin accorpò l’ambiente contiguo allo spazio sacro, che raddoppiò così la sua superficie e giunse alle dimensioni attuali. La pianta rimase ad aula unica, ma in corrispondenza del muro abbattuto vennero eretti due pilastri lasciati con finitura in pietra di Vicenza a vista, mentre sulla parete di fondo fu creata una tribuna con soffitto basso ed arcuato, separata dal resto da un inginocchiatoio di legno intagliato, quale spazio privato da cui la famiglia nobile poteva assistere alle funzioni religiose. Il progetto della decorazione, dominato sugli spicchi della volta e sul registro superiore delle pareti da figure di santi, sante ed evangelisti su fondo giallo oro e dalla presenza continua di ricchissimi elementi geometrici policromi su nervature neogotiche e superfici, in contrasto con il registro inferiore caratterizzato dal bianco della pietra dei pilastri e da ampie specchiature con iscrizioni sacre, scaturiva dalla commistione tra il gusto eclettico dell’epoca e da un voluto rimando allo stile cristiano bizantino e all’arte musiva di quel periodo. Alle spalle dell’altare era collocata la grande pala con l’estasi di San Francesco. All’esterno era prevista una bicromia a fasce orizzontali alternate in bianco e rosso mattone, uguale a quella che si vede ancora oggi. (da www.villazileri.com)

La cappellina nel 2007 prima del restauaro (Foto tratta dal libro “All’ombra dell’olmo” )

L’altare che è dedicato al Patriarca d’Assisi, e sta di fronte alla tribuna, è fiancheggiato da due modeste cappelline. La prima, in cornu Epistolae, è sacra alla gran Vergine “Virgo Potens”, rappresentata da una buona statua in marmo; la seconda, in cornu Evangelii, al Sacro Cuore di Gesù. La chiesa fu riccamente decorata e dipinta da Domenico Petarlin, l’infelice pittore che poco dopo perse la luce degli occhi, e dal conte Ottaviano Mocenigo, nobilissimo ingegno, eccellente in ogni esercizio cavalleresco e buon cultore delle arti belle. Nel soffitto si veggono i quattro Evangelisti, gli Apostoli Pietro e Paolo, Santo Stefano, S. Lorenzo, e le Sante Catterina, Agata, Barbara e Lucia. Nelle lunette in alto furono ritratte le immagini di S. Rosa da Lima, di S. Vincenzo de Paoli, di S. Catterina da Siena, di S. Francesco Saverio, di S. Maria Maddalena de’ Pazzi, di S. Antonio da Padova, di S. Luigi Gonzaga e di Santa Francesca Romana; in basso, altri santi fra cui il Battista, S. Giuseppe, S. Anna e la Vergine. Nelle pareti laterali sono rappresentate quattro scene della Passione di Gesù: l’Agonia nell’orto, la Flagellazione, la Coronazione di spine e la Caduta sotto la croce. Nelle pareti sotto questi quadri, si leggono alcune iscrizioni, segnate a grandi caratteri; sono parole della Sacra Scrittura e del Vangelo destinate a far amare la preghiera. A destra, i versetti 9, 13, 27, 28 del cap. XI di S. Lucia, e i vers. 1 a 7 del cap. XVIII dello stesso. A sinistra, i vers. 18-21 del cap. VI del Secondo dei Paralipomeni, e i vers. 12-16 del cap. VII pure del Sec. dei Paralipomeni.

[…] Nel 1896 il vescovo Ferruglio la visitò personalmente trovandola “bellissima e tenuta con decoro e splendore” dagli eredi Loschi, i conti Roberto ed Alessandro Zileri.

Nella prima metà del Novecento, i proprietari decisero di apporre ulteriori modifiche alla chiesetta del Biron. La contessa Bertolini Carrega Zileri ordinò l’ampiamento dell’abside che fu ricoperto da un paramento ligneo decorato con finti intarsi dipinti e volle rinnovare radicalmente anche la veste pittorica, seppure a distanza di pochi decenni dalla conclusione dei precedenti lavori. Una iscrizione riporta il nome di Tito Chini , ricordando la data del 1940. I vivacissimi motivi del Caregaro Negrin furono nascosti sotto altre trame geometriche altrettanto continue ed estese in tutte le superfici, che lasciavano libere in questa nuova versione cornici e costolature. Vennero mantenute tutte le figure dei santi e sante del soffitto e delle pareti che anzi furono scelte come motivo caratterizzante il soffitto della nuova abside, con immagini entro medaglioni di sante accanto a quella di Cristo. Nel registro inferiore il bianco della pietra di Vicenza fu nascosto sotto uno strato di colore, le specchiature con le iscrizioni furono invece mantenute, ma con variazioni nei testi in esse contenute. A completamento delle pareti c’erano quattro tele raffiguranti scende della Passione, provenienti probabilmente da collocazioni precedenti, forse dalla cappella stessa. La contessa chiese al Tito Chini anche di disegnare per le vetrate delle lunette dell’abside gli stemmi gentilizi della sua casata, Bertolini Carrega e di quella del marito, Zileri. (da www.villazileri.com)”

Nel 2009 ha subito un restauro […] A poco a poco, tre restauratori con l’infinita cura per l’incolumità delle opere da riportare alla luce, hanno svelato un ambiente sacro di rara suggestione, completo di ogni funzionalità, attrezzato non solo come cappella di famiglia ma altrettanto come luogo sacro di aggregazione dell’intera contrada. […] All’interno il visitatore rimane stupito dall’accuratezza del recupero dell’opera di Caregaro Negrin. […] E proprio Caregaro Negrin richiamava spesso all’accuratezza e alla discrezione con cui deve operare chi si accinge al restauro per riportare alla luce l’autenticità del passato senza forzature o irrispettose sovrapposizioni.

L’ abside è affrescata da Tito Chini […] Restituiti a nuova vita anche i pannelli di legno e le due vetrate a semicerchio così importanti per modulare la tonalità della luce, calda e armoniosa, all’interno della chiesa.

 

 

Fonti:

 “Biron La villa dei Loschi ora Zileri dal Verme” di Sebastiano Rumor

  “Il Giornale di Vicenza” del 22 ottobre 2009

 “Monteviale nell’Ottocento” di Stefano Corato

 “All’ombra dell’olmo” di Caliaro * Furlani * Groppo