(PG) Dalla lettura di un corposo volume sulla figura di Dèodat de Gratet de Dolomieu e sulla sua opera scientifica, abbiamo appreso che l’illustre studioso fece tappa anche nel paesino di Monteviale (neanche 500 anime) proprio nel 1789, l’anno in cui fece il viaggio che lo portò a raccogliere quelle pietre “poco effervescenti” a contatto con l’acido che oggi conosciamo col nome di dolomia ( nome attributo su iniziativa di Nicolas de Saussure 1792) e che costituiscono le Dolomiti.
[…] Giunge a Verona intorno al 26 settembre [1789] , con condizioni atmosferiche sfavorevoli […]. Di qui raggiunge ad Arzignano, passando per la valle di Roncà, l’abate Fortis […]. Con il vecchio amico intraprende l’ultima parte della sua “escursione filosofico-mineralogica”, attraverso il Veronese e il Vicentino. Da Arzignano risale la valle del Chiampo e raggiunge i monti della Bolca, che ha già visitato nel viaggio del 1784. Costeggiando i Lessini, sale da Valdagno a Recoaro. Da Schio raggiunge Thiene, Salcedo […] e Bassano del Grappa, dove raccoglie lave vitrose.
Da Bassano scende a Vicenza, visita il Monte Viale (a cinque miglia dalla città)
la valle del Trissino (“la più ricca del Vicentino e forse degli Stati di Venezia”) e la Costa Bissara (dove “nel monte detto della Chiesa, sopra al Castel Bissara, vi è un anfiteatro, detto “l’arena”, con un lago in mezzo”). Il 6 e 7 ottobre è a Vicenza. Il 6 compie alcuni esperimenti col cannello sui materiali raccolti nei monti vicentini e nel vulcano di Teis in Tirolo. Il 7 raccoglie la quinta cassa (una delle due sole di cui sia rimasto l’inventario), che spedisce a Venezia, con i minerali delle montagne veronesi e vicentine visitate nelle ultime due settimane. Lungo la strada tra Vicenza e Verona visita i Monti Berici […], il Montebello […] e Caldiero. (Dal libro “Dolomieu un avventuriero nella storia della natura”)
Tra le sue frequentazioni : a Verona, Vicenza, Padova Alberto Fortis e a Venezia Giovanni Arduino che incontrò proprio nel 1789 all’avvio del viaggio in Tirolo in cui scopre le rocce dolomitiche.
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ALBERTO FORTIS Nato a Padova il 9 o 10 novembre 1741, fin dall’infanzia, entrò in contatto con alcuni protagonisti della cultura scientifica veneta del Settecento traendone stimoli molteplici per lo sviluppo dei suoi interessi naturalistici e letterari. I primi anni ’60 li trascorse nei conventi agostiniani di Padova, Verona, Bologna e infine di Vicenza, dove studiò teologia; a tutt’oggi non vi è però alcun documento che dimostri la sua ordinazione sacerdotale. Durante i periodi liberi dallo studio compì varie escursioni geologiche al seguito di Giovanni Arduino, il quale contribuì in misura determinante a forgiarne gli strumenti metodologici e a orientarne le scelte teoriche. Nel luglio 1767 si stabilì a Venezia alla ricerca di un impiego e divenne “pubblico revisore de’ libri”. Si dedicò all’attività di traduttore ed entrò nella redazione del Magazzino italiano. Diede recensioni, traduzioni, estratti e interventi originali ad alcune tra le più note testate del giornalismo, non soltanto veneto. I compiti assunti nella redazione dell’Europa letteraria a partire dal 1768 non gli lasciarono che poco tempo da dedicare alla ricerca sul campo. Accolse perciò con entusiasmo l’opportunità, offertagli da John Stuart di effettuare un viaggio in Dalmazia. Fu questo il primo di una serie di viaggi, finanziati da autorevoli mecenati inglesi e dal Senato veneto, da cui scaturì quella scoperta del mondo slavo che è all’origine di buona parte della sua fortuna letteraria. Tornato in patria intensificò gli studi naturalistici. Si ritirò dalla società nel piccolo podere di Arzignano, che le fortunate traduzioni del Viaggio in Dalmazia gli avevano permesso di acquistare. Negli anni successivi proseguì i suoi viaggi scientifici e nel 1783 fu nominato consulente mineralogico del regno di Napoli. Dal 1788 condusse vita ritirata mantenendo contatti solo con gli amici più stretti e con alcuni naturalisti viaggiatori tra i quali Dolomieu. Particolare sviluppo ebbero i suoi interessi paleontologici. Compì escursioni alla ricerca di fossili. Si occupò inoltre della scoperta e dell’impiego industriale dei combustibili fossili. Il prestigio scientifico e le frequentazioni parigine gli valsero la stima di Napoleone Bonaparte, che lo nominò prefetto della biblioteca e segretario del neocostituito Istituto nazionale italiano con sede a Bologna dove morì il 21 ottobre 1803.
GIOVANNI ARDUINO è uno dei padri della geologia moderna, nato a Caprino Veronese il 16 ottobre 1714 e spentosi a Venezia il 21 marzo 1795. Fu professore di chimica, metallurgia e mineralogia a Venezia e precursore in Italia dei metodi di indagine stratigrafica, nonché geologo. All’età di diciotto anni si trasferisce nel Tirolo meridionale (attuale provincia di Bolzano), dove lavora come assistente fonditore presso le miniere di ferro di Klausen (Chiusa). Negli anni Quaranta, in qualità di ‘soprastante’ delle miniere del Tretto, presso Schio nel vicentino, tenta di rivitalizzare e incrementare l’estrazione di piombo, argento e zinco, riattivando antiche gallerie e individuando nuovi filoni minerali. Acquisisce in questi anni una notevole competenza nella ricerca mineraria. Nel 1748 ottiene l’abilitazione a ‘pubblico perito agrimensore’ e si trasferisce a Vicenza, dove lavora alla stesura di mappe catastali del territorio circostante la città. Nel 1754 viene nominato ‘pubblico perito ingegnere’ della città di Vicenza. Dal 1758 al 1765, grazie ai frequenti viaggi di lavoro in una vasta area comprendente le Prealpi vicentine e veronesi, i Colli Euganei, i Monti Berici e altre colline venete, conduce significative indagini litologiche, chimico-mineralogiche, paleontologiche e orogenetiche. Alla fine degli anni Cinquanta Arduino è in grado di elaborare una teoria litostratigrafica, fondata soprattutto sulla capacità di osservare e studiare la struttura delle montagne al fine di comprendere la loro possibile ricchezza minerale. La sua celebre e originale suddivisione litologica in quattro «ordini generali, e successivi» (pubblicata nel 1760 e perfezionata nel 1774-75) rappresenta una tappa fondamentale per lo sviluppo della geologia storica e costituisce il punto di partenza per la moderna stratigrafia dell’Italia nord-orientale. Le ricerche di Arduino sulle rocce e sui rilievi montuosi dell’area vicentino-veronese hanno inoltre contribuito in modo determinante al riconoscimento di antiche attività vulcaniche in Veneto e alla soluzione del dibattito tardosettecentesco sull’origine controversa di rocce ignee come il basalto. Nel 1769 si trasferisce definitivamente a Venezia dove muore il 21 marzo 1795.
Già nel ’700, dalla collina sottostante il paese di Monteviale alcune impronte fossili di pesci vengono recuperati da Giovanni Arduino.
Anche il Maccà nella “Storia del territorio vicentino” cita le indagini effettuate dall’Arduino nel territorio Monteviale in particolare sui minerali .
Vale la pena di conoscere qualcosa di più della vita dell’ “avventuriero” Déodat de Dolomieu.
[…] La sua vita fu breve ma intensissima di avventure; segnata da vicissitudini di mondo, non mai banali, spesso imprevedibili, sempre distintamente significative; incessantemente in viaggio, per mare, per terra, tra le montagne, ritmata da un passo di corsa, sostenuta da una infaticabile energia capace di intraprendere con cura severa la realizzazione dei più arditi progetti; sommossa, e felicemente illuminata da un fuoco interiore ardente di inquietudini nell’esperienza della varietà della vita e della sconfinata meraviglia della natura […] una vita che potrebbe compendiarsi in un “romanzo”.[…]
Nacque il 23 giugno 1750. Figlio cadetto, all’età di due anni il marchese suo padre, come da tradizione famigliare, lo assegnò all’Ordine dei Cavalieri di Malta.
L’avventura nell’ambiente naturale cominciò da fanciullo senza precettori, in solitudine nel territorio collinare dei dintorni del proprio castello, a Dolomieu, e a Grenoble, altra proprietà del marchese.
Come appartenente all’Ordine religioso militare dei Cavalieri, egli fu obbligato a effettuare il suo noviziato all’isola di Malta. Ma poco dopo il suo arrivo, nel 1768, ebbe una violenta lite con uno dei suoi compagni e lo uccise nel corso di un duello. Condannato al carcere a vita, dovrà unicamente all’intervento del papa Clemente XIII, attivamente sollecitato, la fortuna di passare in prigione soltanto alcuni mesi.
Spinto dalla sua curiosità, abbandonò la carriera militare, si votò alle scienze naturali da autodidatta, alla fisica, alla geologia, alla mineralogia, alla vulcanologia con viaggi in varie regioni di Francia, Italia e altri Paesi d’Europa.
Dolomieu percorse gran parte delle montagne d’Europa, più intensivamente l’arco delle Alpi, spesso in solitudine, poche volte a cavallo o in diligenza, quasi sempre a piedi.
In Italia cominciò allora uno dei periodi più fecondi della sua esistenza dal punto di vista scientifico, poiché si trovava nel Paese dei vulcani e dei terremoti, che lo affascinano e che farà conoscere alla comunità scientifica della sua epoca attraverso una copiosa corrispondenza e per mezzo di alcuni libri dedicati alle isole vulcaniche italiane. Nello stesso tempo brillò a Roma nei saloni dell’alta società pontificia e proprio all’Italia sono dedicate le sue opere scientifiche principali: “Viaggio alle Isole Lipari” (1871), “Memoria sul terremoto di Calabria” (1784), “Memoria sulle Isole Pontine” (1788).
Fuggì miracolosamente sia alla Rivoluzione francese che al periodo del Terrore.
Uomo avvenente, di bell’aspetto, alto, slanciato, gentile e forte, aristocratico, intelligente. Fu ingeniéur al Corp de Mines, docente all’École de Mines, membro dell’Accademie Royale des sciences, poi all’Institut National.
Un suo collega all’Institut gli propose di partire per un gran viaggio a destinazione segreta, si trattava della spedizione d’Egitto, ma Dolomieu non ne era al corrente. Quando seppe la reale destinazione chiese a Bonaparte ed ottenne assicurazione che non erano in progetto ostilità a Malta, isola a cui era legato sin dall’infanzia, sulla quale aveva una villa e dove aveva pensato di trasferirsi per sempre. Ma, al passaggio davanti a Malta, la flotta si fermò e il generale in capo obbligò Dolomieu ad adoperarsi a facilitare i negoziati per ottenere una resa immediata dell’isola ai francesi, nel timore di vederla passare agli inglesi. La penosa missione fu portata a termine da Dolomieu con molto tatto, in modo da salvaguardare l’onore e gli interessi dell’Ordine, al quale si sentiva sempre legato. Alla fine, grazie ad alcune vaghe concessioni, che non saranno mantenute, i cavalieri se ne andarono e Napoleone incamerò i loro beni. Malta venne occupata da una guarnigione francese. Da quel momento, Dolomieu divenne un deciso oppositore del generale Bonaparte. La campagna d’Egitto non andò bene, Dolomieu studiò il delta del Nilo, assistette alla disfatta di Abukir, si ammalò di peste e dopo la guarigione, chiese di tornare in Francia.
Imbarcatosi il 7 marzo 1799, nel ritorno dall’Egitto una tempesta spinse nel golfo di Taranto la nave su cui si trovava, causandone il naufragio. I superstiti Dolomieu, Dumas e Mariscourt furono arrestati e imprigionati. Intrighi di varia natura dettati da personale vendetta all’interno dell’Ordine dei Cavalieri di Malta si aggiunsero alla politica antifrancese del momento e per disposizione dei regnanti di Napoli, Ferdinando IV di Borbone e Maria Carolina d’Asburgo (curiosità: Maria Carolina è un’antenata in linea materna dei “nostri” Roberto e Alessandro Zileri) fu rinchiuso senza processo nel carcere di Messina in una cella infernale, un cubo di tre metri per lato, senza ricambio d’aria. Dolomieu riuscì a sopravvivere in quelle condizioni per 21 mesi. Fu liberato solo grazie una clausola voluta da Napoleone Bonaparte nel trattato di Firenze il 20 marzo 1801. Durante la prigionia riuscì a scrivere il “giornale di cattività”, le sue confessioni, utilizzando una scheggia di legno come penna sporcata col nerofumo della lampada e le pagine di un libro sulla mineralogia dei vulcani che era riuscito a nascondere.
“[…] Le spectacle de l’univers avait tant d’attraits et tant de charme pour moi, que souvent, sans être astronome, j’ai passé de nuits entiéres à contemplere tous les corps lumineux dont la voûte du ciel était décorée […]” D.Dolomieu scritto durante la prigionia
Morì il 28 novembre 1801, sul finire del mattino.