La latteria sociale di Monteviale

(PG) A proposito di latterie sociali: tanti i fattori che portarono alla loro nascita e sviluppo di queste istituzioni mutualistiche. Nella seconda metà dell’800, soprattutto all’indomani dell’Unità d’Italia, la società contadina italiana è attraversata da una profonda crisi che ha tante ragioni:  il peso demografico, la concorrenza dei mercati internazionali, la presenza e il diffondersi della pellagra soprattutto in Veneto e Lombardia, l’arrivo di alcune patologie che colpiscono le viti, peronospora, fillossera, la pebrina del baco da seta sommate ad annate piovose, soprattutto negli anni ‘80… tutto questo innesca anche le prime grandi ondate migratorie verso Brasile e Argentina. […]

Secio da late (Foto Luigino Caliaro) Mostra del 2007

Il 2 luglio 1876 il Ministero dell’Agricoltura emana la circolare n.356 prevedendo un concorso a premi per le latterie sociali con l’intento  di promuoverne la costituzione. Già quattro anni prima erano state emesse la circolare del 25 aprile 1872 – *Premi per le cascine sociali – Latterie – e del 20 giugno 1872 – Schiarimenti sulle Latterie sociali. 

*[…]L’importanza precipua delle cascine sociali si è di permettere che anche il proprietario di una o due vacche ne utilizzi il latte nella maniera più profittevole. Oltre a questo vantaggio principalissimo sono a ricordarne parecchi altri non per fermo di lieve momento. Ed in fatti basta per tutti i membri riuniti in società un’unica cascina; le macchine e gli utensili di fabbricazione della medesima servono per tutti i soci e dispensano così questi ultimi dall’acquistarli e mantenerli isolatamente; un solo cascinaio o caciaio lavora il latte di tutti; egli s’applica esclusivamente a questa professione, aumenta e perfezione le sue cognizioni tecniche e così si pone in grado di migliorare e aumentare i prodotti. Abbiamo dunque da un lato una notevole diminuzione delle spese di produzione e dall’altro un sicuro aumento e miglioramento dei prodotti. E ciò senza parlare del risparmio del tempo che le massaie e le persone di servizio dei singoli agricoltori potrebbero in altra guisa adoperare, del risparmio d’ogni specie di materie ausiliarie, legna, sale, ecc. Ma uno dei vantaggi più notevoli delle cascine sociali quello si è di permettere e agevolare che i prodotti principali (formaggio e burro) siano portati sul mercato in grandi quantità. Le partite piccolissime, ch’è quanto dire le produzioni isolate dei nostri agricoltori, si fanno ben difficilmente un nome commerciale ed il loro spaccio e malagevole e poco lucroso. La ormai incontestata verità di queste considerazioni mi muove a fare quanto sta in mio potere a fine di promuovere l’ordinamento e la diffusione delle cascine (latterie) . E il mezzo che a quest’uopo io prescelgo, di accordo col Consiglio di Agricoltura, è quello di stabilire, a somiglianza di quanto si è fatto in Austria e nella Svezia, alcuni premi generosi  a favore delle migliori fra quelle cascine che saranno per sorgere entro tutto l’aprile 1873. I premi saranno due di lire 1.200 e medaglia d’oro, e quattro di lire 800 e medaglia d’argento per ciascheduno. Potranno concorrere a questi premi quelle cascine (latterie) che, entrate in attività nel periodo decorrente dalla pubblicazione di questa circolare sino a tutto aprile 1873, si proporranno per iscopo non solo la produzione in comune, ma benanche lo spaccio in comune dei prodotti principali (formaggio e burro), o del prodotto principale, nel caso che la cascina prendesse di mira esclusivamente o principalmente l’uno o l’altro dei prodotti surriferiti. La cascina dovrà fondarsi sopra uno statuto elaborato ed accettato dai soci. Ai due primi premi potranno concorrere quelle cascine che lavoreranno più di 300 litri di latte al giorno, ai quattro ultimi quelle cascine che ne lavoreranno giornalmente una quantità minore. Ogni cascina dovrà comporsi di almeno 10 soci rivestiti di eguali diritti ed avere un cascinaio quale impiegato della società.[…] (Relazione intorno alle condizioni dell’agricoltura in Italia 1876)
tratto dal periodico “Il Guado” giugno 2013

Nell’ambito del generale progresso agronomico le latterie costituiscono un caposaldo di primaria importanza, rappresentando un particolare punto di riferimento per la selezione e il miglioramento delle razze bovine, per la fecondazione artificiale, per un razionale allevamento stabulare. E anche per l’introduzione di attrezzature moderne nella lavorazione del latte, accantonando i vecchi strumenti, zangole e mastelli di legno, prima in uso nella produzione domestica di formaggio e burro. […] Nell’architettura dei paesi, l’edificio della latteria rappresenta la modernità: all’inizio si ricorre a locali di fortuna, ma appena possono i soci della latteria decidono di far costruire un edificio nuovo, dotato di impianti moderni, dove regnava pulizia e ordine. Con la latteria si afferma una particolare figura di tecnico: il casaro che assume un ruolo direttivo nella lavorazione del latte. Mentre i regolamenti stabilivano che una commissione di soci si assumeva il compito di vigilare sulla buona tenuta delle stalle: i produttori di latte avevano vivissima sensibilità per la lotta alla brucellosi, alla tubercolosi bovina, all’afta epizootica. Chi portava al caseificio latte annacquato o guasto veniva severamente perseguito deliberando multe e nei casi più gravi l’espulsione dalla società. Tale severità si spiega con la consapevolezza che questi comportamenti danneggiavano tutti. […] La contabilità delle latterie è organizzata in modo tale che sia possibile un controllo molto meticoloso sulle diverse fasi di produzione di raccolta del latte, di lavorazione dello stesso e di distribuzione dei prodotti e dei sottoprodotti. Oltre ai documenti consueti (libretti delle consegne di latte per il portatore, libri mastri, etc.), si relaziona costantemente sui costi della lavorazione informandone i soci. Alcuni atti della vita interna della latteria devono essere compiuti alla presenza o di un consigliere o di un socio stabiliti con un sistema di turnazione. […] Ma il problema più scottante per ogni consiglio d’amministrazione è quello dei rapporti con il casaro che riesce spesso a costruirsi una propria area di influenza tra i soci. Ma il casaro è una figura quasi mitica per le sue competenze professionali in un mondo agricolo ancora caratterizzato da tecniche rudimentali.  […] La latteria con le sue attività si pone a stretto contatto con altri enti e associazioni del paese, a cominciare dal Comune che tra l’altro ha il potere di regolamentare e controllare la vendita del latte al pubblico. Enti e associazioni si rivolgono alla latteria per essere sostenuti con modesti contributi nelle loro iniziative perché sanno che proprio in latteria esiste qualche disponibilità di denaro liquido. Da questa corrispondenza si può capire come si svolge la vita associativa del paese. (da Il ruolo delle latterie sociali nella storia della cooperazione e dell’agricoltura).

Copertina del libretto del socio
Intestazione del libretto
A Forno di Canale (oggi Canale d’Agordo) nacque, nel 1872, la prima latteria cooperativa istituita in Italia, ad opera dell’arciprete di Canale d’Agordo don Antonio Della Lucia (1824-1906). Il sacerdote, nato a Frassené Agordino, era stato cooperatore e mansionario del vicino paese di San Tomaso Agordino, dove era parroco don Martino Ghetta. Questi appassionò don Antonio alle questioni sociali, tanto che, nominato pievano di Canale nel 1860, cominciò a pensare a un’efficace soluzione che potesse mettere freno alle numerosissime emigrazioni che si verificarono dopo l’annessione della zona, prima territorio dell’Impero Austriaco, al Regno d’Italia. Così, Don Antonio Della Lucia ideò un sistema collettivo di lavorazione del latte i cui proventi potessero essere investiti per il bene comune. Il successo dell’operazione portò alla costituzione nel 1888 della Società cooperativa Latterie Agordine, che riunì in un consorzio, con sede in Agordo, oltre 50 latterie sociali dell’Agordino, il cui modello fu esportato in tutto il Regno d’Italia. L’idea valse a don Antonio la nomina a cavaliere del Regno da parte del re Vittorio Emanuele II.
prima latteria cooperativa italiana

[…] La Grande guerra interromperà in questo settore, come in altri, dei trend positivi che stavano portando l’Italia ai livelli delle altre nazioni europee. Il patrimonio zootecnico sarà gravemente compromesso: a Vicenza si parla del 76% di perdite. Sarà una lunga e faticosa ripresa. […]

1908 Guida commerciale d’Italia e delle colonie
1935 Annuario generale
1936 Guida generale della provincia di Verona

 

Al momento, per quanto riguarda la Latteria Sociale di Monteviale sono disponibili poche notizie recuperate attraverso Annuari del Regno o dati statistici. Sembrerebbe che la sua costituzione possa coincidere con l’avvio dei concorsi promossi dal Ministero dell’Agricoltura, ma mancano ancora molte notizie. Risale al 1922 una Gazzetta Ufficiale del Regno in cui compaiono i nomi del presidente, Giuseppe Baruffato, insieme a quello di ben 85 soci. 1922 Cegalin Isabello contro Latteria sociale di Monteviale

Sappiamo che a Monteviale esisteva anche una Latteria/Caseificio al Biron:

[…] i contadini della strada del Biron, con altri dei dintorni, avevano creato una cooperativa di 27 soci per la raccolta, la vendita e la lavorazione del latte fatta dal “casa” Luigi.  La sede del caseificio sociale si trovava appena al di là della Dioma, vicino alla fattoria degli Ambrosini, in comune di Monteviale. Giovanni Ambrosini era il presidente e Antonio Carollo papà di Giovanna, detto “cazoleta”, faceva da segretario. Le famiglie dei soci contribuivano al lavoro del caseificio e alla vendita dei prodotti, I figli più grandi davano una mano e anche Giovanna, a turni settimanali, stava al caseificio a vendere il latte. La cooperativa è stata sciolta quando è nata la centrale del latte di Vicenza. […] (da Abitare il Villaggio)

Ma sono i gesti quotidiani di raccogliere il latte e venderlo in latteria, lavorarlo per ottenere il formaggio o, al contrario, prendere il secelo‘ndare a tore el late che vorremmo riportare alla memoria…

1966 Bellin Onorina, Zaroccolo Bruno e Fongaro Guerrino (foto tratta dal libro “All’ombra dell’olmo”)

insieme al lavoro del casaro (i Soster dagli anni ’40) e al ghiaccio dea giassara (finché restò in funzione) e al formajo messo in caneva.

Di seguito proponiamo due foto, tra le ultime disponibili, che ricordano la latteria di Monteviale (in fondo a via don Girolamo Fortuna), prima della sua demolizione e ristrutturazione in edificio abitabile.